venerdì 24 febbraio 2017

A 4 mesi dall'apertura, i numeri del Centro Pecci oltre 50.000 visitatori, più di 100 eventi raccolta fondi e membership da ricordare

Prato, 24 febbraio 2017. In soli quattro mesi dalla sua apertura – e a un poco meno di un mese dal termine della mostra La fine del mondo – il Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato ha registrato più di 50.000 presenze.
Dal 14 ottobre 2016 al 16 febbraio 2017 sono state infatti 50.009 le persone che hanno visitato e frequentato il Centro, confermandone il ruolo di piattaforma culturale e fulcro delle ricerche artistiche più avanzate, capace di coinvolgere un pubblico ampio e trasversale con le arti visive e tutti i linguaggi del contemporaneo, musica, danza, cinema e teatro. 15.000 sono stati i visitatori che hanno affollato le tre giornate del Grand Opening, di cui 12.000 soltanto nella giornata di domenica 16 ottobre. Dal 17 ottobre in poi sono stati registrati 35.009 ingressi (di cui 6548 gratuiti - guide, accompagnatori, portatori di handicap ecc. ma anche residenti in Toscana, possessori di coupon e gratuità autorizzate in occasioni particolari): 29.119 i visitatori della mostra, 2.429 persone hanno partecipato agli eventi interdisciplinari organizzati dal Centro, 1.477 sono stati gli spettatori del cinema, mentre 1.984 sono stati gli “studenti” della Pecci School.

“Quando in sede di inaugurazione parlai di Effetto Pecci, volendo con questa espressione ricordare il famoso precedente Effect Beaubourg, - commenta Irene Sanesi, Presidente della Fondazione per le Arti Contemporanee in Toscana - non era solo un auspicio ma l’obiettivo sfidante che ci siamo posti tutti insieme: quello cioè di divenire punto di riferimento per la collettività e non solo per gli esperti e amanti dell’arte, un festival permanente del contemporaneo perché abbiamo bisogno di cultura 365 giorni l’anno, il simbolo di una città che guarda al futuro”

Dal Grand Opening di domenica 16 ottobre 2016 con l’apertura al pubblico dell’esposizione La fine del mondo curata dal direttore Fabio Cavallucci, in calendario fino al 19 marzo 2017, migliaia i visitatori provenienti da Prato, dalla Toscana e da tutto il territorio nazionale che hanno potuto ammirare la nuova veste architettonica del Centro, realizzata dall’architetto olandese Maurice Nio, e immergersi nella mostra tra le grandi installazioni di Hirschhorn, Oliveira e Garaicoa fino ai lupi di Cai Guo-Qiang passando per le opere storiche di Picasso, Fontana e Boccioni e i lavori di artisti emergenti, provenienti dall’Est Europa e dai Paesi Arabi.

Il Centro Pecci, nel corso di questi mesi, ha intensificato il proprio impegno nell’avvicinare sempre più pubblico alle arti contemporanee non solo con La fine del mondo ma anche con un fitto calendario di attività: 112 eventi tra conferenze, performance, proiezioni cinematografiche e appuntamenti musicali.
Diciotto gli incontri e i dibattiti che, da una prospettiva scientifica, filosofica e letteraria hanno sviluppato i temi della mostra inaugurale, tra cui ricordiamo le lectio magistralis del sociologo Zygmunt Bauman, dell’antropologo Marc Augè, del climatologo Luca Mercalli e l’appuntamento al Cineforum con lo scrittore Sandro Veronesi.

Nove i concerti, tra cui la performance dell’americano Ben Vida – musica elettronica e voci sul tema della perdita della percezione temporale – e quella del dj e produttore Joakim, presente anche in mostra con il video Another Light. Tra gli ospiti italiani, la splendida doppia performance di Passed e Mai Mai Mai.

Dei nove appuntamenti con le arti performative, da ricordare: le due grandi maratone dedicate alla danza contemporanea The Ultimate Gesture, con la partecipazione di dieci prestigiose compagnie toscane; la performance Mesh di Matteo Levaggi, considerato dalla critica interprete di punta della danza contemporanea nel mondo, o ancora la danza ancestrale della coreografa e danzatrice giapponese Sayoko Onishi.

Oltre 50 i film inseriti in un programma mensile innovativo e sempre con l'occhio rivolto al  contemporaneo: dallo splendido documentario Figli dell’uragano (2016) di Lav Diaz, presente in poche sale scelte in Italia ai film del regista canadese Xavier Dolan, E’ solo la fine del mondo (2016) e Laurence Anyways (2012). Di culto gli incontri con Lou Castel, vera e propria icona del cinema della contestazione, e con Fabio Bobbio, regista de I Cormorani.

Nel campo della formazione, Art Market Today, seconda edizione dei corsi per collezionisti e galleristi. Nell’ambito della didattica, le visite guidate e i laboratori rivolti ai bambini di ogni età e agli adulti, oltre alla Pecci School, programma di lezioni serali dedicate ai più importanti protagonisti del Novecento e della contemporaneità, dalla storia dell’arte alla musica, dal teatro al cinema.

Rilevanti anche i risultati sul piano della comunicazione: la rassegna stampa sulla mostra La fine del mondo e gli eventi collegati ha raggiunto ad oggi più di 350 articoli. Hanno scritto tutte le più importanti riviste d'arte, i maggiori quotidiani italiani (Sole 24 Ore, Corriere della Sera, Repubblica, Stampa, Giornale, Tempo, Quotidiano Nazionale, Unità e Manifesto) i periodici come Io Donna e D,  riviste di cultura e turismo come Bell'Italia (che ha dedicato un ampio servizio al Pecci e a Prato), Ulisse, La Freccia, Qui Touring, Living, Air France Madame. Sul nuovo Pecci hanno scritto anche le più importanti riviste di architettura (Domus, Interni, AD, Elle Decor, Abitare, The Next Building) e importanti testate internazionali di settore (BauNetz, Germania; Architekten, Austria; de Architect, Olanda; DECO, Taiwan; Interio, Columbia; Reforma, Mexico; ArqA, Argentina); Artribune poche settimane fa ha inserito il Pecci fra i 10 edifici simbolo del 2016. E poi, alla radio, servizi e interviste su Radio 1 6teca, Radio 2 Ovunque6, Radio 3 Suite e in tv,  Sky Arte, TG 2, TG3 Bell'Italia, Sereno Variabile (Rai 2), Linea notte e Fuori TG (Rai 3) oltre alle due puntate di 30’ ciascuna che la TVE ha dedicato al Centro Pecci in Metropolis, storico programma culturale dell’emittente di stato spagnola.

Il Centro Pecci ha inoltre avviato una politica di incremento della propria presenza online definendo una web strategy a lungo termine. Il percorso, iniziato a marzo 2016 con il lancio del nuovo sito web dalla rinnovata veste grafica, ha portato a un incremento del traffico sui canali social intorno al 100%, raddoppiando il numero di fan e follower. Una strategia che si è articolata intorno al Journal, progetto editoriale in costante dialogo con i social media, che ha anticipato, creato e diffuso i temi della mostra inaugurale attraverso i contributi di alcuni importanti intellettuali tra cui Luis Sepúlveda, Noam Chomsky, Paco Ignacio Taibo II.

Sul versante economico, il dipartimento fundraising del Centro, con la raccolta fondi ha raggiunto la cifra di 334.000 euro – il 15% del volume dei ricavi – attraverso donazioni e sponsorizzazioni, a dimostrazione del rinnovato interesse di enti e aziende a investire e a condividere con il Pecci progetti forti e innovativi. A questo si aggiunge il rilancio del coinvolgimento dei members che attualmente sono più di 300, numero in costante crescita.

Dopo la chiusura de La fine del mondo – che terminerà con uno scoppiettante finissage ricco di eventi nell’ultimo weekend dal 17 al 19 marzo prossimi – arriverà la nuova stagione espositiva.
Ambiente, corpo, performatività sono i temi che saranno toccati nella prossima ondata di mostre, in cui lo spazio del Centro, ora unito in un unico flusso continuo, sarà invece diviso tra esposizioni diverse. La prima, a partire dall’8 aprile 2017 a cura di Stefano Pezzato, includerà opere di sessanta artisti selezionate dalla grande collezione del Centro. Dalla caverna alla luna è il titolo dell’esposizione che si sviluppa come un percorso di esperienze dirette da fare dentro la raccolta, a partire da opere-ambiente fra le quali alcune ormai entrate nella storia dell’arte come la Caverna dell’antimateria di Pinot Gallizio e la Luna di Fabio Mauri.
A fine aprile sarà poi la volta della prima personale di Jérôme Bel, il coreografo francese protagonista della “non danza”.
Infine arriverà una ricostruzione della Biennale di Venezia del 1972, o meglio della sua sezione Comportamento, curata da Renato Barilli, che portò alla ribalta le tematiche del processo in opposizione alla staticità dell’opera, con artisti quali Mario Merz, Luciano Fabro e Gino De Dominicis.
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